L'India delle grandi palme by Pierre Loti

L'India delle grandi palme by Pierre Loti

autore:Pierre Loti [Loti, Pierre]
La lingua: ita
Format: epub
editore: O barra O
pubblicato: 2024-06-24T00:00:00+00:00


Il tempio

Nei templi dell’India il crepuscolo inizia prima del normale, sotto le volte basse, pesanti e opprimenti come le lapidi delle tombe.

Questa sera il sole al tramonto è ancora luminoso, ma piccoli lumi vengono già accesi nei pressi del grande tempio di Madurai, lungo il viale con le volte di granito che è una sorta di vestibolo preparatorio e dove le venditrici di ghirlande hanno il loro negozietto in ogni rientranza, in ogni nicchia, fra le colossali statue che fiancheggiano il viale. Quando, come nel mio caso, si proviene dall’esterno, l’improvvisa penombra confonde tutto, le persone, gli idoli e i mostri, i visi umani e quelli più grandi di pietra, i gesti rigidi dei personaggi che hanno troppe braccia e i movimenti veri di coloro che ne hanno solo due. Ci sono anche alcune vacche sacre che hanno vagabondato tutto il giorno per le strade e che, prima di rientrare nel tempio per dormire, si attardano a masticare giunchi e fiori.

Dopo il viale c’è una porta scavata a mo’ di corridoio buio sotto l’enorme piramide delle divinità che sale verso il cielo. Siamo dentro al tempio stesso, ossia in una città silenziosa e sonora le cui strade coperte si incrociano in ogni senso e il cui popolo numeroso è un popolo di pietra. Ogni colonna, ogni enorme pilastro sono fatti di un unico blocco, eretto con sistemi che non conosciamo – probabilmente combinando lo sforzo di qualche migliaio di muscoli –, poi scolpiti e scavati in profondità a immagine di ogni sorta di divinità o di mostro. Le volte, sempre piatte e il cui equilibrio a prima vista è incomprensibile, sono costituite da monoliti di otto o dieci metri di altezza appoggiati alle due estremità e moltiplicati all’infinito gli uni accanto agli altri, come da noi si farebbe con delle semplici assi. Il tutto è costruito come a Tebe o a Menfi, indistruttibile, quasi eterno. Ci sono, come a Chri-Ragam, file di cavalli rampanti che scalciano l’aria con gli zoccoli o processioni di divinità che si perdono in prospettiva nell’oscurità. L’antichità si mostra unicamente nell’usura delle basi, nella levigatezza nerastra di ciò che è a portata delle mani o dei corpi, di ciò che ogni giorno viene sfiorato dagli uomini o dagli animali. Meraviglie e sporcizia, miscuglio di un lusso da Titani e di un’incuria incivile. Le ghirlande, fatte con canne e foglie di banano tagliate, che sono state tese da una colonna all’altra per qualche festa, si sbriciolano al suolo in un’umida decomposizione. Gli oggetti delle processioni, animali fantastici, elefanti bianchi di dimensioni reali, di carta o d’argilla, marciscono qua e là negli angoli. Le vacche sacre e gli elefanti veri che passeggiano liberamente sotto le navate hanno disseminato i loro escrementi ovunque, sul pavimento scivoloso e grasso, lustrato dal continuo passaggio dei piedi nudi. Il grande pipistrello chiamato vampiro spadroneggia nelle terribili volte; ali nere dall’ampia apertura, che provocherebbero un fragoroso rumore se fossero dotate di piume, si agitano lassù da ogni parte senza produrre alcun suono.

In un cortile interno, a cielo aperto, ritrovo per un momento la luminosità della notte.



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